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FU GARANTE DI UN MUTUO DA OLTRE 2 MILIONI SUBENDO UN’ESECUZIONE FORZATA CON LA CESSIONE DEL CREDITO: VINCE IN TRIBUNALE.

© IlPescara
Dopo sette anni, l’uomo, difeso dall’avvocato Emanuele Argento, ha visto riconosciute le sue ragioni dal tribunale di Teramo. “Difetto di legittimazione”, scrive il giudice: non basta la notifica, serve il contratto sottoscritto tra banca e società che acquisisce i crediti in blocco

Aveva fatto da garante per un mutuo ipotecario, in favore di un’impresa, di oltre 2milioni e 300mila euro, ma al mancato pagamento è a lui che la società cui in blocco il credito era stato ceduto dalla banca, si è visto pignorare i beni a seguito di un atto di precetto.

E’ successo nel 2018: sette anni dopo il tribunale civile di Teramo con sentenza del 30 settembre, ha accolto la richiesta di opposizione riconoscendo un “difetto di legittimazione” in quella cessione e dunque rendendo nulla l’atto di precetto forzato, e cioè quella intimazione formale che il creditore invia al debitore per ottenere il pagamento dovuto che, se non fatto, porta appunto all’esecuzione forzata com’è quella del pignoramento. Immaginabile che sulla decisione saranno presentati gli appelli, ma la sentenza del tribunale è di rilievo vista la frequenza con cui avvengono cessioni dei crediti sottolinea l’avvocato del foro di Pescara, Emanuele Argento che ha curato l’opposizione avanzata dall’uomo che aveva fatto da garante a quel mutuo.
A mancare, nel caso specifico, sarebbe stata la deposizione del contratto di cessione cioè il contratto con cui la banca, un noto istituto, quel credito lo ha ceduto dato che, si legge nella sentenza che richiama quanto già stabilito dalla cassazione “non è sufficiente la notificazione neppure se avvenuta mediante avviso pubblico sulla gazzetta ufficiale, dovendo il giudice procedere a un accertamento complessivo delle risultanze di fatto nell’ambito del quale la citata notificazione può rivestire, peraltro, un valore indiziario, soprattutto se avvenuta su iniziativa della parte cedente” Nel caso di cui si è occupato la cessione non sarebbe stata ammessa.
C’è una certificazione che però manca di tutti i crediti ceduti, si legge nella sentenza, e questo avrebbe reso impossibile al giudice se i crediti indicati dalla banca in gazzetta ufficiale e nel contratto di cui tra l’altro, si legge, non si avrebbe copia, siano stati seguiti. A mancare sarebbero stati anche i criteri utilizzati per farla quella cessione per cui, si legge sempre nel dispositivo, pur se sono stati prodotti documenti “potenzialmente decisivi” la prova della legittimazione della cessionaria e cioè della società cui la banca ha ceduto il credito, non sarebbe stata prodotta. Per la precisione, si legge sempre nel dispositivo, la società “ha fallito nel dare piena prova della propria legittimazione”.
Di qui l’accoglimento da parte del tribunale dell’opposizione avanzata con la sentenza che rileva appunto la carenza della prova e cioè “il difetto di titolarità del rapporto”. La cessionaria è anche stata condannata al pagamento delle spese processuali.

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